Passata la tempesta, per il Trentino-Alto Adige è purtroppo giunta l'ora della conta dei danni, dopo l'episodio alluvionale di portata storica che ha appena interessato il nostro territorio lasciando dietro di sé un impressionante scia di distruzione e determinando purtroppo anche delle vittime. La nostra comunità di meteoappassionati sta tentando di comprendere, ammesso che sia possibile, quanto il contributo dei cambiamenti climatici in atto possa aver inciso nel determinare un'evoluzione dei fenomeni così estrema. Il calore anomalo rilasciato dal Mar Mediterraneo, in questi giorni caratterizzato da temperature superiori alla norma di oltre 2°C, ha certamente esacerbato il potenziale esplosivo della struttura depressionaria che ha provocato quest'episodio di maltempo, ma non è facile quantificare in che misura questo fattore abbia contribuito ad esasperare una congiuntura atmosferica che forse sarebbe stata "esplosiva" anche cent'anni fa.
Molte località della provincia di Trento hanno polverizzato i propri record storici, come emerge da un'infografica curata dal nostro socio Yuri Brugnara, basata sui dati provenienti dalla rete di MeteoTrentino.
Una cosa è certa. Non si verificava un evento simile dal lontano 1966, anno in cui l'Adige ruppe gli argini provocando un alluvione che mise in ginocchio la città di Trento: smottamenti, esondazioni e interi boschi rasi al suolo da violentissime raffiche di vento hanno messo in ginocchio da nord a sud la nostra regione. Un evento mastodontico dal punto di vista delle precipitazioni, fortunatamente anticipato da un periodo estremamente secco oltre che sorprendentemente caldo (basti citare il picco di 29.7°C raggiunto a Rovereto il 24 ottobre, presso la nostra stazione di San Giorgio). E' bastata una prima, anche se indubbiamente poderosa irruzione d'aria polare-marittima nel cuore del mediterraneo e per l'arco alpino orientale si è subito venuta a creare la "tempersta perfetta". Tra 27 e 29 ottobre sul nostro territorio si sono riversati mediamente 250 mm di pioggia per metro quadrato, l'equivalente di circa 2 mesi di precipitazioni.
I CORSI D'ACQUA
Sono stati parecchi i corsi d’acqua ad incutere timore. In primis il Brenta, che dopo aver invaso un’ampia area agricola (causando grossi danni ad una piscicoltura e ad un’avicoltura) ha terrorizzato i cittadini di Borgo a causa del suo livello da record, obbligando i Vigili del Fuoco a rimuovere un ponte per permettere al fiume di passare. Presso la stazione dell’Ufficio Dighe (TN) a Grigno, ha raggiunto una portata di oltre 750 metri cubi al secondo.
Anche l'Adige non è mai stato così alto dal maledetto '66. Il picco massimo è stato raggiunto all'alba del 30 ottobre verso le 6:30, quando a Villa Lagarina la portata ha sfiorato i 2000 metri cubi al secondo, contringendo la Protezione Civile ad aprire, dopo 16 anni, la galleria Adige-Garda per evitare indondazioni drammatiche a sud della stessa (Verona al limite già nel giorno precedente).
Gli effetti dell'apertura della galleria Mori-Torbole, per consentire a parte della piena dell'Adige di defluire nel Lago di Garda in modo da impedire un evento alluvionale a Verona
Ciononostante si sono verificati allagamenti in parecchie aree coltivate adiacenti all'alveo fluviale, soprattutto nella zona di Rovereto.
L'esondazione dell'Adige a Rovereto
Per quanto riguarda il Sarca, i problemi più grossi si sono registrati nella notte tra lunedì e martedì, a causa del Bacino di Ponte Pià che non poteva più trattenere le impetuose acque in discesa dalla Val Rendena. Tra Dro ed Arco il fiume è fuoriuscito parzialmente causando alcuni disagi nelle campagne limitrofe e nella zona di Torbole ha invaso la ciclabile, costretta ad essere chiusa immediatamente. Il Ponte di Arco è rimasto sotto stretta sorveglianza per tutta la notte dai Vigili del Fuoco volontari.
I detriti trasportanti nel Lago di Garda dalla furia del Sarca
L'Avisio e il Fersina si sono ingrossati a dismisura mettendo in allerta l'intero capoluogo. L'Avisio avrebbe potuto aumentare la portata dell'Adige favorendone un esondazione, mentre il Fersina sarebbe potuto esondare all'interno della città stessa.
Il Noce grazie all'enorme bacino artificiale di Santa Giustina non ha creato alcun problema, se non a monte, dove è esondato nei punti più stretti.
In generale, comunque, possiamo affermare che molte disgrazie sono state evitate grazie alla gestione esemplare delle reti idriche di tutta la regione da parte degli esperti della Protezione Civile.
La piena dell'Adige a Trento
In Alto Adige, la situazione più difficile si è sicuramente verificata in Val Pusteria, soprattutto nella zona di Dobbiaco e San Candido, dove l'esondazione della Drava ha provocato l'evacuazione di una parte del paese.
GLI SMOTTAMENTI
Non solo i fiumi ed i torrenti hanno causato problemi: a causa delle precipitazioni molto abbondanti e concentrate si sono verifcate frane e smottamenti in molte località, specialmente in Val di Sole, nel Primiero, zona Vigolana, Valsugana, Fiemme e Fassa. Purtroppo a Dimaro c'è stata una vittima: il terreno non ha resistito e parte del paese è stato letteralmente investito da una colata di detriti. In Primiero parecchie zone sono rimaste isolate a causa di smottamenti che hanno interessato anche le principali strade, ostacolando i soccorsi. Molte delle zone sopraelencate sono rimaste senza corrente per quasi 24 ore. Inoltre l'abbondanza delle precipitazioni ha reso l'acqua di alcuni acquedotti non potabile, provocando una corsa ai supermercati finalizzata all'approvvigionamento di acqua minerale.
Anche in Alto Adige gli smottamenti hanno procurato danni, basti pensare alla chiusura dell'A22 nel tratto compreso tra Vipiteno e il Passo del Brennero. Purtroppo un Vigile del Fuoco volontario è morto dopo essere stato travolto da un albero sradicato a San Martino in Badia.
IL VENTO
L'aspetto più terrificante di quest'episodio perturbato, per certi versi, è rappresentato dal vento, che in tutta la regione ha soffiato impetuoso, con raffiche localmente fino a 130 km/h nei fondovalle (Miola di Piné: 127 km/h) e quasi a 200 km/h in quota. Ettari su ettari di boschi completamente rasi al suolo dai forti venti sciroccali.
I numerosi alberi abbattuti dal vento sulle strade di Centa San Nicolò (TN) - Foto di Giacomo Poletti
Colpite maggiormente le seguenti aree: la zona di Piné, l'Altopiano di Folgaria, la Valle di Fiemme e i boschi adiacenti al Lago di Carezza. Un disastroso danno ambientale in cui si stimano 2 milioni e 800 mila metri cubi di legname abbattuto e un tempo di ripristino naturale di almeno un secolo. Secondo gli esperti si è trattato di un fortissimo vento isallobarico, ossia generato dal movimento rapidissimo del minimo depressionario.
Un intero bosco di conifere abbattuto nella zona di Predazzo, in Val di Fiemme
Insomma, la natura ha inflitto un colpo davvero notevole ad un territorio come il nostro, cosi complesso dal punto di vista orografico e quindi fragile sotto il profilo idrogeologico. Ma nonostante le abbondanti piogge e l'inaudita violenza del vento, il Trentino - Alto Adige non è andato totalmente in crisi, e la ragione va sottolineata. Sicuramente tutti noi dobbiamo un enorme ringraziamento alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco e a tutti coloro che in questi giorni si sono dati da fare ininterrottamente per agire in soccorso della popolazione.
Luca Fruner e Filippo Orlando