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COP21 conclusa, la vera svolta?!

Aperto da Giacomo da Centa, Sab 12 Dicembre, 2015, 23:00:10

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Giacomo da Centa

Ciao ragazzi!
L'altro giorno avevo accennato della conferenza di Parigi, lanciando un "sasso", una sorta di piccola provocazione se volete, raccolta (solo) da Pippo, sempre molto aperto al confronto.
Io credo che alla luce di quello che è uscito a Parigi, oggi sia un grande giorno per il pianeta. E lo dico senza ingenuità o false speranze.
Per la prima volta 195 paesi hanno posto le basi per svincolarci dai combustibili fossili.
La prova che siamo davanti ad una svolta è che stati come Venezuela e Arabia Saudita, ma non solo, si siano strenuamente opposti fino all'ultimo a parte dell'accordo.
Voi come la pensate?

Tornando alla mia "provocazione" dell'altro giorno, io credo che come freddofili/nivofili non possiamo che tifare per la riduzione delle emissioni. Come dicevo, la cosa che a volte mi stupisce è che anche fra noi che di questi temi siamo sensibili, non ci sia una vera discussione su un cambio di stile di vita concreto (auto elettrica, energie rinnovabili, etc). Vedete quindi questo spazio come un luogo per farlo.

Intanto stasera ho messo insieme qualche dato sugli ultimi 5 anni a Trento Laste, paragonati a un periodo molto vicino (1978-2005) utilizzato nelle medie di confronto nei report di Meteotrentino. Posto che va verificata la bontà dei dati (ho semplicemente preso le anomalie calcolate da loro) insomma, gli ultimi 5 inverni termicamente...



yakopuz

Sai da parte mia c è una certa rassegnazione. Ormai ritengo che ci sia poco da fare. Il clima è gia cambiato e il processo è oramai inarrestabile. Bisogna adattarsi al nuovo clima. Dall altra l accordo ora c è solo xuna questione di business. Si sono accorti che le industrie basate sulle rinnovabili avranno più mercato in futuro che altre industrie e dunque conviene.

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Il futuro e' nel presente ... devi solo sapere dove e'

Flavioski

Citazione di: yakopuz il Sab 12 Dicembre, 2015, 23:35:37
Sai da parte mia c è una certa rassegnazione. Ormai ritengo che ci sia poco da fare. Il clima è gia cambiato e il processo è oramai inarrestabile. Bisogna adattarsi al nuovo clima. Dall altra l accordo ora c è solo xuna questione di business. Si sono accorti che le industrie basate sulle rinnovabili avranno più mercato in futuro che altre industrie e dunque conviene.
Inviato dal mio ALE-L21 utilizzando Tapatalk

La penso più o meno allo stesso modo, pur augurandomi davvero che quella di Parigi possa essere una svolta. Il che non significa, almeno da parte mia, dire <andiamo avanti così, tanto non c'è niente da fare>, anzi! Personalmente ho da tempo rinunciato all'auto, finché potrò permetterlo lavorando piuttosto vicino a casa ed abitando in città, e mi sposto in prevalenza in bici, a piedi o con i mezzi pubblici; cerco di essere risparmioso su luce ed acqua, riciclo più che posso, ecc., perché sono convinto che solo partendo dal basso e dalle piccole cose si può sperare di limitare i danni, e comunque nella mia filosofia lo considero eticamente giusto.

Ma dall'altra vedo che poi alla fine chi decide veramente dà sempre l'impressione di farlo in base a tornaconti economici ben che vada, anziché considerando il benessere di persone e ambiente, e quindi oggi è (ancora) il petrolio, domani chissà purché serva per far soldi, sperando si tratti di un sistema il meno impattante possibile; del resto siamo sempre di più su questa Terra, con Paesi enormi che sono in pieno sviluppo copiando i nostri sistemi impattanti, e quindi mi faccio poche illusioni.
Per dirla tutta, magari sarò fuori strada, ma sono convinto che l'enorme e squilibrato sviluppo degli ultimi anni di nazioni come Cina e India abbia avuto un bel peso nella nuova impennata delle temperature dopo una relativa fase di rallentamento della corsa al rialzo, e ancora una volta guarda caso più concentrata nel nostro emisfero che non in quello meridionale, mi par di capire.

Insomma, speriamo possa essere davvero una svolta significativa e, nel caso, che si sia ancora in tempo a limitare i danni.

MrPippoTN

Io continuo a sostenere che si é trattato di una farsa, spero di essere smentito.

Giacomo da Centa

Beh ma che il clima sia già cambiato penso sia evidentissimo. Però penso anche che se mi ammazzano il padre e il fratello non è che dico "massi vaffanc..., ammazzatemi anche la madre e la morosa".
Tardi è tardi, ma non lo è mai troppo per cercare di fare qualcosa prima che in val di Non si possano coltivare i banani. In Cina, tanto per citare un caso importante, sta prendendo piede un certo ambientalismo, legato soprattutto al fatto che la loro industrializzazione sta portando grossi problemi di natura sanitaria. È ora (ma sta accadendo, poco alla volta) che i costi ambientali e sanitari vengano conteggiati. È anche per questo che molti stati, per la prima volta, hanno cominciato a convergere sulla convenienza delle rinnovabili anche dal punto di vista economico.

El Bonve

per me non vien fuori niente, come il protocollo di kyoto. ?*?*?
Modelli stamattina da depressione cosmica leopardiana.
Reading è da suicidio mentre GFS mostra la prima mappa decente (non precipitativa) a 360h.
Non dico altro.
Va bene GW, va bene sfigati, va bene comparto europeo, va bene la Cina, l'India, l'Africa e il Porco bip bip però cazzo dai.......................

(cit. , 1/12/2015)

MrPippoTN

#6
Cop21: l'accordo di Parigi non ci salverà dal Climate Change

http://m.huffpost.com/it/entry/8794970?utm_hp_ref=italy

di Marica Di Pierri Giornalista, attivista di A Sud e presidente del CDCA - Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali

L'accordo si definisce vincolante ma non prevede meccanismi di sanzione. E per gli obiettivi che proclama prevede impegni del tutto insufficienti
PARIGI - L'accordo globale per la lotta al Cambiamento Climatico siglato oggi a Parigi non curerà la malattia del pianeta. Mentre media e capi di Stato parlano di "enorme successo" e del compimento di un passo decisivo contro il riscaldamento globale e il Big business - ossia le grandi imprese mondiali - saluta quello che definisce uno "storico accordo", scienziati e attivisti sono impegnati a denunciarne limiti di merito e di metodo.
Che le grandi compagnie private siano felici non è mai un buon segno. In ogni caso l'accordo presenta nella forma alcuni punti ambiziosi: si definisce vincolante e ambisce a stabilizzare l'aumento della temperatura al di sotto dei 2°C "compiendo gli sforzi possibili per raggiungere gli 1,5°C". Sin qui tutto bene: ma a invalidare ogni possibilità di efficacia concorrono alcuni elementi che non è possibile ignorare.
Al di la degli indirizzi generali contenuti nel testo presentato stamani, il cuore della strategia di riduzione è contenuto degli Indc, gli impegni specifici dei singoli paesi. Tali impegni, calcolati complessivamente, sono completamente insufficienti a garantire il raggiungimento dell'ambizioso obiettivo. La revisione degli accordi si farà ogni 5 anni, prima verifica prevista nel 2023. Anche se tutti i paesi facessero la loro parte - cosa non scontata, visto che mancano ad oggi concreti strumenti di controllo e sanzione - la temperatura salirebbe comunque sopra i 3°.

Esperti del Tyndall Centre for Climate Change Research (Inghilterra), del Center for International Climate and Environmental Research di Oslo, del Potsdam Institute tedesco e di altri istituti di Svezia e Austria avvertono che così com'è l'accordo non basta: non si prevede un anno specifico per il picco emissivo, ma occorre ridurre di almeno il 70% le emissione entro metà del secolo sui livelli del 2010 e per farlo dovremmo iniziare a ridurre adesso, immediatamente, e non nel 2020, quando entrerà in vigore l'accordo. Con queste premesse il riferimento vaghissimo alla "neutralità delle emissioni" da raggiungere senza fretta, la seconda metà del secolo, è poco più di una formula di rito.
La verità è che mentre eravamo tutti concentrati sui dettagli dell'accordo, abbiamo perso di vista il punto di fondo: la sostanziale mancanza di una volontà politica condivisa per agire drasticamente ed immediatamente che vuol dire abbandonare i fossili, tagliare i sussidi, convertire il modello produttivo attraverso una transizione giusta per i lavoratori e indispensabile per il pianeta. La Cina, mentre i cittadini di Pechino soffocano sotto una coltre di smog con concentrazioni di particelle sottili che ha superato di oltre 30 volte la soglia di allarme dell'OMS, annuncia che inizierà a ridurre solo dal 2030. L'India non ha alcuna intenzione di rinunciare al carbone. L'Italia dice di sposare, per voce del Ministro Galletti, l'obiettivo del 1,5° e intanto impone dall'alto progetti estrattivi e infrastrutture energetiche lungo tutta la penisola, in terra e in mare. Sono solo alcuni esempi delle contraddizioni che si annidano tra proclami e politiche energetiche, tra ambizione e impegno.
Nel testo di 31 pagine votato a Parigi neppure una volta vengono nominati i termini "petrolio", "carbone" o "combustibili fossili". Neppure un cenno alla necessità di tagliare i 5.300 miliardi di dollari l'anno di sussidi ai combustibili fossili. Aviazione civile e trasporto marittimo, che rappresentano il 10% delle emissioni, sono fuori dall'accordo. Si parla di trasferimento di tecnologie ma non si mette mai in discussione del diritto di proprietà intellettuale. Il meccanismo Loss&Damage, per sostenere le popolazioni piu vulnerabili per le perdite subite a causa del cambiamento climatico, non è definito nel sistema di indennizzi. La conferma del meccanismo dei Redd+ mette in pericolo l'obiettivo di sviluppo sostenibile della deforestazione zero entro il 2020. Si ribadisce, a livello di finanziamento, l'impegno per 100 miliardi l'anno da qui al 2020, cui i paesi in via di sviluppo (India e Cina comprese) potranno contribuire su base volontaria, anche se dal 2010 - anno in cui il Fondo Verde per il Clima è stato istituito - solo il 10% delle promesse di erogazione sono state mantenute.
In definitiva i governi - e di conseguenza i negoziatori - non hanno avuto il coraggio di inchiodare alle loro responsabilità le grandi imprese, e chiedere loro di pagare per i danni provocati e per finanziare una transizione climaticamente sostenibile.
La cosa peggiore è che si grida al successo mentre la barca affonda. Mentre la scienza dice che non c'è più tempo, l'Oim avverte che a causa del clima ci saranno 250milioni di profughi ambientali nel 2050, il FMI ribadisce che il cambiamento climatico è una minaccia anche per la stabilità dei mercati, i capi di stato brindano per un accordo che entrerà in vigore non ora, ma tra 5 anni. Con il tempo potrebbe essere scaduto.
Per protestare contro l'accordo diverse mobilitazioni hanno attraversato oggi la blindatissima città di Parigi. Durante la mattinata oltre 3.000 persone hanno partecipato all'azione che ha prodotto sul satellite l'enorme scritta Climate Justice Peace.
Alle 12.00 15.000 attivisti hanno sfidato il divieto della prefettura e composto una enorme linea rossa sulla Rue della Grande Armèe, vicino all'Arco del Trionfo, zona piena di ambasciate, per ribadire che la linea rossa del cambiamento climatico, ovvero il punto di non ritorno, non va oltrepassato per nessuna ragione.
Alle 14.000 oltre 20.000 si sono ritrovate al Champs de Mars, molte le quali sono arrivate dall'Acro di Trionfo, improvvisando un corteo non autorizzato. Sotto la Torre Eiffel si è formata una enorme catena umana. Dal palco, e durante i lavori delle organizzazioni sociali che per tutte e due le settimane hanno discusso parallelamente al vertice, si è parlato della necessità di rilanciare la vertenza globale per la giustizia climatica affinché a cambiare alla fine sia "il sistema, non il clima".
È chiaro che timidi correttivi non saranno sufficienti, e che serve invece una alternativa radicale. Per questo è molto importante che dopo Parigi l'impegno si sposti sui fronti di vertenza nazionale, contro ogni singolo impatto contaminante. Dalle infrastrutture energetiche ai nuovi campi petroliferi, al fracking, alle sabbie bituminose, alle centrali al carbone, all'incenerimento di rifiuti, alla cementificazione. Dopo le giornate di Parigi c'è bisogno di tornare ciascuno a casa e di cominciare a tessere la rete della battaglia contro la distruzione del pianeta. In Italia come negli Usa, in Nigeria, in Canada, in India e in ogni altro paese del mondo, c'è da costruire un quadro globale radicalmente alternativo fatto di migliaia di lotte territoriali.
Perché per vincere la guerra, e quella contro il cambiamento climatico lo è, bisogna vincere ogni battaglia possibile.

Giacomo da Centa

Da climatemonitor, notoriamente un blog non certo schierato con i "caldisti": http://www.climatemonitor.it/?p=39827

Riporto il passo secondo me più rappresentivativo di come siano andate le cose. Per la parte sulla Cina non mi dispiace.

Inizio con uno al di sopra di ogni sospetto: J. Hansen. Egli è stato durissimo con il nuovo accordo (nella traduzione ho volutamente mantenuto alcune delle "colorite" espressioni usate dallo scienziato).

"E 'davvero una frode, un falso", dice, massaggiandosi la testa. "E 'solo una stronzata dire: 'L'obiettivo immediato è contenere il riscaldamento entro i 2°C e poi cercheremo di fare un po' meglio ogni cinque anni.' Sono solo parole senza valore. Non c'è azione, solo promesse. Fino a quando i combustibili fossili saranno i combustibili più economici sul mercato, continueranno ad essere bruciati."  Come stroncatura niente male, non sarei riuscito a fare meglio. E dopo l'apertura dell'intervista, la conclusione della stessa. Si parla del limite alle emissioni, a quella fantomatica "neutralità delle emissioni" che è stata un'invenzione di questa conferenza delle Parti.
"Penso che ci arriveremo perché la Cina è razionale", conclude Hansen. "I loro leader sono per lo più formati in ingegneria e cose del genere, non negano il cambiamento climatico e hanno un incentivo enorme, che è l'inquinamento dell'aria. Va così male nelle loro città che hanno bisogno di passare a energie pulite. Si rendono conto che non è una bufala. Ma avranno bisogno di cooperazione."

George Monbiot, noto columnist di The Guardian e blogger quotato, ha scritto oggi, riferendosi all'accordo:
"In confronto a quello che avrebbe potuto essere, è un miracolo. In confronto a quello che avrebbe dovuto essere, è un disastro."

MrPippoTN


ross

non so io devo documentarmi meglio un po' in giro (e certamente nulla di quello che può' riportare climatemonitor. Branco di ignoranti frustrati in malafede).
Spero davvero possa essere un punto di partenza ambizioso per una nuova rivoluzione industriale, che personalmente ritengo possa portare del bene in ogni caso, target climatici a parte. Ma aspetterei a giubilare troppo. Sono molto prevenuto in termini di buone intenzioni quando si tratta di summit politici.

Questa settimana sono all'AGU qui a San Francisco, vedo che si dice qui dove ci sono tra i maggiori attori nello studio del clima terrestre
BAROMETER, n.
An ingenious instrument which indicates what kind of weather we are having. - A. Bierce, The Devil's Dictionary

Flavioski

Citazione di: ross il Dom 13 Dicembre, 2015, 21:34:31
non so io devo documentarmi meglio un po' in giro (e certamente nulla di quello che può' riportare climatemonitor. Branco di ignoranti frustrati in malafede).
Spero davvero possa essere un punto di partenza ambizioso per una nuova rivoluzione industriale, che personalmente ritengo possa portare del bene in ogni caso, target climatici a parte. Ma aspetterei a giubilare troppo. Sono molto prevenuto in termini di buone intenzioni quando si tratta di summit politici.

Questa settimana sono all'AGU qui a San Francisco, vedo che si dice qui dove ci sono tra i maggiori attori nello studio del clima terrestre

Sono d'accordo, soprattutto sulla parte in neretto. Anche perché secondo me la questione va ben al di là del "puro aspetto climatico", che pure resta di fondamentale importanza.



Giacomo da Centa

Citazione di: ross il Dom 13 Dicembre, 2015, 21:34:31
non so io devo documentarmi meglio un po' in giro (e certamente nulla di quello che può' riportare climatemonitor. Branco di ignoranti frustrati in malafede).
Spero davvero possa essere un punto di partenza ambizioso per una nuova rivoluzione industriale, che personalmente ritengo possa portare del bene in ogni caso, target climatici a parte. Ma aspetterei a giubilare troppo. Sono molto prevenuto in termini di buone intenzioni quando si tratta di summit politici.

Questa settimana sono all'AGU qui a San Francisco, vedo che si dice qui dove ci sono tra i maggiori attori nello studio del clima terrestre

Ah ah ah Ross! Sfondi una porta apertissima dato che mi hanno bannato da quel blog dopo che gli avevo lasciato dei commenti "particolari". Una manica di deficienti, il link (direi il meno peggio di tutti, forse perchè scritto da una new entry a quanto pare) l'avevo postato anche per vedere se qualcuno commentava a riguardo.
Tienici aggiornati Ross su cosa dice la comunità scientifica! Ciao!

Giacomo da Centa


MrPippoTN

#13
Citazione di: MrPippoTN il Dom 13 Dicembre, 2015, 00:37:55
Io continuo a sostenere che si é trattato di una farsa, spero di essere smentito.

Riprendo in mano questo thread perché il referendum "sulle trivelle" offre un spunto di riflessione in merito all'argomento. Cito nuovamente quest'articolo di Gianluca Ruggeri:
http://www.glistatigenerali.com/energia-economia-reale/breve-enciclopedia-sul-referendum-e-tre-buone-ragioni-per-votare-si/

"A dicembre l'Italia ha sottoscritto l'accordo di Parigi insieme ad altri 194 altri paesi. Questo accordo prevede che vengano realizzati dai paesi firmatari tutti gli interventi necessari per mantenere l'aumento di temperatura media ben al di sotto di 2 gradi centigradi. Per poter ottenere questo risultato è necessario ridurre il più possibile i consumi di combustibili fossili nel minor tempo possibile. In termini pratici ciò significa che ci siamo impegnati a lasciare sotto terra la gran parte delle riserve certe di idrocarburi. Chi ha fatto i conti dice che dobbiamo evitare di estrarre l'82% del carbone, il 49% del gas naturale e il 33% del petrolio che già sappiamo di avere.
Spesso questi accordi internazionali sono percepiti come qualcosa che va ben al di sopra delle nostre teste, qualcosa che attiene all'oscuro lavoro notturno di una banda di burocrati che ha poche connessioni con la realtà. Se vogliamo dare più forza a questo accordo quale migliore occasione di un referendum popolare? È vero che il quesito riguarda una questione tutto sommato marginale, ma è una questione che inevitabilmente è inquadrata in un contesto più ampio. In pratica abbiamo l'occasione di guardarci negli occhi e impegnarci reciprocamente a fare quello che serve per migliorare la qualità della vita di tutti. Daremo peraltro più forza al governo nel percorso verso il raggiungimento degli obiettivi per cui si è impegnato a Parigi. Potremmo per una volta dimostrare di essere una comunità capace di prendersi un impegno condiviso facendoci carico tutti assieme delle conseguenze delle nostre scelte."